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12 | MARIO RAPISARDI |
che chiedono ad esso, e non tutti in buona fede, ciò che nessuna scienza può dare. Le conseguenze di esso, in ogni caso, nell’ordine morale e politico non possono che agevolare ed affrettare l’emancipazione dello spirito umano dalla scienza, cioè dalla fede, dalla ragione, dal sentimento, dal diritto, dall’autorità.
Noi traversiamo un periodo non di transizione, come dicono (tutti i periodi della vita individuale e sociale sono di transizione, essendo la vita un perpetuo mutamento), ma di lotta. Il corso delle nuove e delle vecchie idee genera la confusione, lo smarrimento, il capogiro ai cervelli più sani e gagliardi. Tra il crepuscolo d’un mondo che ruina dai cardini e il crepuscolo d’un mondo che sorge, il sentimento religioso si atteggia di sembianze che vorrebbero essere inviolabili e adorabili per solenne vetustà, e non sono che maschere senza subietto, ricostruzioni pedantesche e caricature sgraziate di dogmi, di tempi, d’istituzioni che non hanno più ragione d’esistere; il pensiero scientifico ed artistico si panneggia in cento fogge, che si millantano nuove ed originali e non sono che stravaganti e bizzarre.
I mestieranti, i ciarlatani, i prestigiatori profittano, s’intende, del quarto d’ora per alzar banco e tribuna, gridare e strombazzare; attirano e ipnotizzano la folla incosciente, truffano applausi e quattrini, scroccano facilmente quella effimera celebrità schivata e dispregiata dagli animi probi e dagl’intelletti sublimi.