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ODI CIVILI 163


     E già del gran mattino
Feconda aura commove Adige e Tebro;
115Su le fuggenti nubi io veggio, o parmi,
L’Aquila di Quirino;
Per ogni loco io sento
Scalpitar di cavalli e fragor d’armi:
Ecco Furio, ecco Bruto, ecco le cento
120Legioni di Roma, ecco son carchi
D’ostili spoglie i trionfanti carri,
Ecco avvinti i monarchi
A la ruota de l’itala fortuna.
Sorgi, mio Genio, e a’ prodi
125Leva, chè teco è un Dio,
Su le corde tebane itali modi.

     Caggia l’inauspicato
Giorno dal tempo, che sui nostri petti
De la mesta Reina oblio s’assida
130Ed il mavorzio alloro
Non verdeggi di nuovo ai còlli eterni,
E fra’ plausi fraterni
Di votive corone inghirlandato
Alle nozze non torni il Bucintoro;
135Caggia quel dì che l’italo soldato,
Come timor di strana ira lo sprona.
Fulmini i nostri voli
E brutti inesorato
Del miglior sangue l’itala corona!

     140Tu, se vedrai su l’Arno
Addormentarsi l’itala vendetta
E fremer l’ira in pochi petti indarno,
Pria che sui clivi profumati e molli
L’aquila scordi la tarpea saetta,