E già del gran mattino
Feconda aura commove Adige e Tebro; 115Su le fuggenti nubi io veggio, o parmi,
L’Aquila di Quirino;
Per ogni loco io sento
Scalpitar di cavalli e fragor d’armi:
Ecco Furio, ecco Bruto, ecco le cento 120Legioni di Roma, ecco son carchi
D’ostili spoglie i trionfanti carri,
Ecco avvinti i monarchi
A la ruota de l’itala fortuna.
Sorgi, mio Genio, e a’ prodi 125Leva, chè teco è un Dio,
Su le corde tebane itali modi.
Caggia l’inauspicato
Giorno dal tempo, che sui nostri petti
De la mesta Reina oblio s’assida 130Ed il mavorzio alloro
Non verdeggi di nuovo ai còlli eterni,
E fra’ plausi fraterni
Di votive corone inghirlandato
Alle nozze non torni il Bucintoro; 135Caggia quel dì che l’italo soldato,
Come timor di strana ira lo sprona.
Fulmini i nostri voli
E brutti inesorato
Del miglior sangue l’itala corona!
140Tu, se vedrai su l’Arno
Addormentarsi l’itala vendetta
E fremer l’ira in pochi petti indarno,
Pria che sui clivi profumati e molli
L’aquila scordi la tarpea saetta,