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118 MARIO RAPISARDI

sentata più o meno bene da compagnie privilegiate, illuminata a fuochi di bengala dagli appaltatori del pubblico entusiasmo.

Il popolo, come sempre, accorre allo spettacolo; dimentica un tratto le sue miserie; ammira tanto brulicame di schiene che si piegano e di ambizioni che si rizzano; s’ubbriaca di colori e di suoni; applaude non sa chi; schiamazza senza saperne il perchè; si fa magari arrotare e schiacciare dai cocchi augusti. Ma non pochi vi sono tra la folla che vedendo, tra due minacciose dighe di carne militarizzata, passar di volo come inseguiti dalle Eumenidi codesti poveri commessi viaggiatori della regalità, non pochi vi sono i quali penseranno che di ben altre intese han bisogno i popoli per rannodare le loro forze, per ravvivare i loro commerci, propagare la fede nelle comuni origini, raccendere il culto dei sublimi Ideali e rendere finalmente possibile il trionfo della giustizia, della libertà, della pace.


XV.

giugno 1904.

Sperare che l’Austria si lasci cavare diplomaticamente l’occhio adriatico, è sogno.

Pretendere che l’Italia, nelle presenti condizioni, muova guerra all’Austria, è pazzia.

Se gl’irredenti han proprio voglia di annettersi al felice italo regno, facciano quel che non han-