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XII PREFAZIONE

pubblicarle a compimento di questo libro. Ad esse faccio seguire gli «Aforismi» di Seneca e di Siro, che il Rapisardi tradusse in vari tempi e che volle chiamare con significativa espressione: «Saggezza antica».

Gli odiernissimi saccentelli, che minosseggiano ventosamente pei circoli e pei caffè, certo sogghigneranno alla lettura di queste pagine, come di cose oramai viete, come di ciarpame di retorica patriottica, come di sentenze di moralità squarquoia. Ma quanti hanno l’animo educato ai forti studi e il cuore aperto alle più belle manifestazioni della vita udranno echeggiare in questo libro la voce carezzevole di un amico buono, il

    velli m’impongono avvisare i promotori e architettori e organizzatori delle sopra lodate manifestazioni, che la parte quantunque onoraria e non so quanto onorifica, da loro troppo generosamente assegnatami, ora m’è venuta a noia invincibilmente: e che da oggi innanzi non permetterò a nessuno di valersi del mio nome in nessuna occorrenza. Il mio nome oscuro in tutto, oscurissimo in politica, non è buono a chiamar gente; nè io in ogni modo sarei disposto a far da trombettiere. Chi lo crede, è in errore; e chi si ostinasse a crederlo dopo questa dichiarazione, mi seccherebbe. Il buon vino per altro non ha bisogno di frasca; e far da frasca al vin guasto, andiamo via, è un ufficio troppo modesto che io lascio volentieri a chi spetta. M. Rapisardi».