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52 | pensieri e discorsi |
un altro, il quale può essere inferiore o superiore al tuo lodato, ma quasi sempre è morto. Ora tu, fanciullo, vorresti essere disseppellito a questo fine? Poichè sarai un’ombra, avresti piacere d’esser adoperato a far ombra a qualche buon fanciullo saldo, che viva e canti? Questo non ti piacerebbe: meglio dormire dimenticato. È meglio esser morto tutto, che continuare a comparire avanti i tribunali ad essere giudicato e classificato: tanto più, che i giudici si trasmettono, cursori che stanno eternamente fermi, le fiaccole de’ loro giudizi.
Tu non vuoi giudizi: vuoi commozione, vuoi assenso, vuoi amore; e non per te, ma per la tua poesia. Ebbene morto che tu sia, se la tua voce fu pura, se fu la voce dell’anima e delle cose, non l’eco, o più fioca o più forte, d’altrui voce; ebbene codesta voce sarà inavvertita, quando non sia dimenticata. In vero se è spesso ripetuta, come forse è ragione, si fonderà col tempo, non so se nel silenzio o rumore circostante: come il cinguettìo delle rondini sotto la tua grondaia, che quando è un pezzo che lo senti, non lo senti più...
Tu vuoi parlare? Aspetta: non ho finito.
A ogni modo perchè dovrebbe essere altrimenti? Che cosa fai tu, veramente, che sia degno di lode e di gloria? Tu ridi, tu piangi: che merito in ciò? Se credi d’averci merito, è segno che ridi e piangi apposta: se lo fai apposta, non è poesia la tua: se non è poesia, non hai diritto a lode. Tu scopri, s’è detto; non inventi: e ciò che scopri, c’era prima di te e ci sarà senza te. Vorresti scriverci il tuo nome su? Ti adiri, che ti vogliano giudicare e anche premiare per quello che non è se non la tua natura e la tua manifestazione di vita. Dunque che importa a te del nome?