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il fanciullino 49

riscalda alla botte comune: la sbornia generale è la tua gloria!

O gloriola indegna del tuo desiderio! E poi è amara. Sai che siamo al tempo dei concorsi; al tempo delle classificazioni e premiazioni. Il divertimento più grande che si diano gli uomini, è quello di giudicare. In Atene fu in altri tempi una consimile mania di seder nell’Elièa e deporre le sue pietruzze. Oggi non c’è più solo qualche pazzo, ma molti; e non giudicano, in mancanza d’altro, i cani e i gatti di casa, ma gli scrittori e i poeti di casa e fuori. Giudicano e classificano: questo è il primo, quello il secondo, l’altro il terzo, e vai dicendo. Ahimè! tu fanciullo, fai il tuo discorsino, esprimi un tuo sentimento, esponi il tuo pensiero, mostri un tuo sorriso, versi una tua lagrima, senza riguardarti, senza saperlo, si può dire, senza perchè; al primo venuto, sfogando il cuore, quasi fuori di te: a mezzo le tue parole, al tuo riso, al tuo pianto, ecco senti che il tuo uditore piglia appunti, pesa le frasi che dici, disegna, col pollice, in aria la linea del tuo sorriso, esamina l’acqua e il cristallo della tua lagrima; e mormora: “Non c’è male! Benino! Bene! Benissimo! Peggio però del tale! Anche meglio del tal altro! Primo! Secondo! Terzo! Poeta maggiore! Poeta minore!„. Certo tu, se non sei un vanarello o un frignone, cancelli il sorriso, ribevi la lagrima, e te ne vai. Forse giuri in quel momento di non andare più da altri, e godere o piangere tra te, un’altra volta. Ma sei fanciullo, e torni sempre da capo, trovando però ogni volta che per i fanciulli non c’è più luogo in questo mondo! Il fatto è che, oltre la noia di quel sentirti sempre paragonato, come se tu facessi un esercizio scolastico,