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il fanciullino 35

psichica è uguale nei fanciulli di tutti i popoli. Un fanciullo è fanciullo allo stesso modo da per tutto. E quindi, nè c’è poesia arcadica, romantica, classica, nè poesia italiana, greca, sanscrita; ma poesia soltanto, soltanto poesia, e... non poesia. Sí: c’è la contraffazione, la sofisticazione, l’imitazione della poesia, e codesta ha tanti nomi. Ci sono persone che fanno il verso agli uccelli, e al fischio sembrano uccelli; e non sono uccelli, sì uccellatori. Ora io non so dire quanta vanità sia la storia di codesti ozi. Eccola in due parole. Un poeta emette un dolce canto. Per un secolo, o giù di lì, mille altri lo ripetono fiorettandolo e guastandolo; finchè viene a noia. E allora un altro poeta fa risonare un altro bel canto. E per un secolo, o più o meno, mille altri ci fanno su le loro variazioni. Qualche volta il canto iniziale non è nè bello nè dolce; e allora peggio che mai!

Ma in Italia, e altrove, non stiamo paghi a questo compendio. Ragioniamo e distinguiamo troppo. Quella scuola era migliore, questa peggiore. A quella bisogna tornare, a questa rinunziare. No: le scuole di poesia sono tutte peggio, e a nessuna bisogna addirsi. Non c’è poesia che la poesia. Quando poi gli intendenti, perchè uno fa, ad esempio, una vera poesia su un gregge di pecore, pronunziano che quel vero poeta è un arcade; e perchè un altro, in una vera poesia, ingrandisce straordinariamente una parvenza, proclamano che quell’altro vero poeta pecca di secentismo; ecco gl’intendenti scioccheggiano e pedanteggiano nello stesso tempo. Qualunque soggetto può essere contemplato, dagli occhi profondi del fanciullo interiore: qualunque tenue cosa può a quelli occhi parere grandissima.