di Cesare; ebbene i corvi, quali Pindaro li avrebbe chiamati, si gettarono gracchiando sull’immenso campo di battaglia, per beccare non occhi di uccisi, ma semi di poesia. E che facevano essi? Raccontavano un fatto storico, di quelli ultimi; lo condivano con declamazioni, esclamazioni, maledizioni; e lo mettevano in esametri. Ma anch’essi capivano che non bastano i versi a far poesia: e perciò incorniciavano la loro storia verseggiata e declamata con una descrizione di alba e un’altra di tramonto; e il poema era fatto 1. Ecco Giulio Montano. Questi era un poeta come tant’altri. A ogni tratto inseriva albe e tramonti. Pertanto, poichè un tale s’era seccato ch’egli avesse recitato per tutto un giorno, e diceva che non si doveva andare alle sue recite; Natta Pinario esclamò: "O che io posso essere più condiscendente con lui? Io sono pronto a starlo a sentire da un’alba a un tramonto!„ Voleva dire, il buon Natta, che la seccaggine sarebbe durata poco, e che dopo due o tre versi esso poteva andare pei fatti suoi 2. È inutile. Già Orazio ammoniva che non
- ↑ Sen. Ep. 122, 11: cf. Apoc. 2.
- ↑ Sen. Ep. 122, 11. E continua a leggere il fattarello che segue. Montano avendo subito cominciato con un’alba: “Febo comincia a metter fuori le ardenti fiamme, e il dì rosseggiante a spargersi per la terra; e già la rondine triste comincia a recare ai garruli nidi il cibo, con assiduo va e vieni, e a somministrarlo bene scompartito col molle becco„; un tal Varo eclama: È l’ora che Buta va a letto. Perchè Buta era un fuggi-luce, un vivi-al-lume-di-lucerna, uno insomma, che faceva di notte giorno. Di lì a poco, Montano declamava: “Già i pastori ricoverarono nella stalla i loro armenti; già la notte cominciava a dare il nero silenzio alle terre assopite„. E Varo: “Che dice? È già notte. Andrò a fare la salutazione mattinale a Buta„.