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il fanciullino 25

e seminava con i suoi dolci versi, quelli non hanno gente incatenata e compedita. Il poeta che nella prima delle ecloghe pastorali mette sè in persona d’uno schiavo liberato, ha proclamato nelle compagne italiche quella parola che con tanta enfasi suona dalla sua bocca di Titiro: libertas 1. Gli agricoli di Virgilio nè sono schiavi nè mercenari. Essi sono di quelli di cui parla Varrone 2, che coltivano la terra da sè, come tanti possidentucci con la loro figliolanza. Questi ha in mente Virgilio, quando esclama che sarebbero tanto felici, se conoscessero la loro felicità, con tanta pace, con tanto fruttato, tra tanto bello, senza il rodìo o della miseria o della soverchianza altrui, lavorando alla sua stagione, godendosi la famiglia in casa e le care feste fuori 3. Di gente che lavori per altri, nemmeno una traccia. L’ideale del poeta è quel vecchiettino Cilice, trapiantato dalla sua patria nei dintorni di Taranto. Aveva avuto pochi iugeri di terra non buona nè a grano nè a prato nè a vigna: una grillaia, uno scopiccio. Ebbene il bravo vecchiettino ne aveva fatto un orto, con non solo i suoi cavoli, ma anche gigli e rose, e alberi da frutta, e bugni d’api, e vivai di piante 4. Sì: il poco e il piccolo era il sogno dei due grandi fraterni poeti. Virgilio diceva: Loda la campagna grande, e tienti alla piccina 5. E Orazio: Questo era il mio voto: un campicello non tanto grande, con l’orto, con una fonte, e per giunta

  1. Ecl. 1, 28.
  2. RR. 1, 17 ipsi colunt, ut plerique pauperculi cum sua progenie.
  3. Georg. 2, 458 sqq. 1, 300 sqq. e altrove.
  4. Georg. 4, 125 sqq.
  5. Georg. 2, 412 sqq.