Pagina:Pensieri e discorsi.djvu/343


una festa italica 331

cederle non sia disdoro per altri e non sia senza giusto compenso per lei; però che ella sia stata in mano allo straniero, con altre città e terre del quadrilatero, nella più angosciosa condizione di ogni altra città d’Italia; nella condizione dei fanciulli cremaschi, legata con le sue mura e i bastioni, avanti i colpi dei fratelli e padri.



V.


Ravenna e Mantova


O Ravenna! O Mantova! meste città! Le cinge una pianura interminata, nella quale sono acque inerti o pigre. E nelle acque si stendono e galleggiano le ninfee, e ne escono i gigli gialli e i lunghi calami della tifa. E strillano su esse i piombini, e d’ogni parte gracidano le rane la loro cantilena che era vecchia già ai tempi del Poeta1. E qua, lontano muore, come dice un vostro malinconico cantore d’oggi2, la voce del pescatore, tremando su l’acqua con un lamento; e là, lontano si perdono le roma-

  1. Georg. I, 318: veterem... querellam. Quanto Virgilio derivò direttamente dalla visione dei suoi campi e laghi e fiumi nativi e dalla sua città, che fu grande per lui fin che non vide Roma, e dai ricordi della sua prima giovinezza!
  2. Adone Nosari, in un suo libretto “Il Canzoniere Mantovano„

    sugàr as sent na gran malinconia...
    L’è l’anima d’Virgili...

    T’ispiri ancora e sempre, o buon giovine poeta, quell’anima! La quale, commossa da tutti i mali sociali, non si sentiva però meno parte della grande anima italica.