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318 | pensieri e discorsi |
Perchè le guardava deliberatamente per l’ultima volta. E non si affrettò a richiamare i suoi ultimi figli, Guido e Cosimo, e i diletti figli della sorella, quei forti e modesti giovani fratelli Magri, destinati, o Barga, alla gloria: studiavano, non conveniva turbarli troppo presto!
E un giorno di primavera, quando il sole ricomincia ad accarezzare la terra senza riscaldarla troppo, e gli occhi delle piante fanno occhiolino per accertarsi se è ora, sì o no, di venir fuori; per la soleggiata Via Nova io mi fermai presso una carrozza che si era fermata. C’era dentro esso, il mio buon consigliere e protettore, e fece anche a me il suo ultimo saluto. Oh! anche a me senza farsi scorgere: con un sorriso... E io che sapevo tutto e che miravo con pietà e timore quel volto emaciato, terreo, di moribondo; che rivedevo devastato dall’improvvisa vecchiaia della morte quel volto poco prima fiero della serena maturità della vita; ecco, al lampo di quel sorriso che illuminava le profonde rughe del dolore che si vuol celare, ecco io vidi apparire Salvo giovane, Salvo forte, Salvo garibaldino!
Ricordai, anzi vidi, che Salvo nel 1866 aveva fatto parte di quell’esercito che fu il miracolo epico del nostro risorgimento. Sì: un miracolo come negli antichi miti. Era un esercito che spuntava come di terra, all’improvviso, alla parola, al cenno del dito, alla battuta del piede, d’un Eroe. Spuntava, e pareva una primavera di fiori rossi. E questa sacra primavera si moveva, empiva di sè il piano e il monte, cantando e cantando e cantando. Erano senza provviste e senza zaino, come ragazzi scappati di casa: avevano in dosso la camicia sola, dormivano a cielo