Pagina:Pensieri e discorsi.djvu/321


antonio mordini in patria 309

le grigie mura della solitudine e del rammarico. Anche i prigionieri, fuori d’uno, d’uno solo. Egli era nella cella d’un fortilizio sul mare. Egli non udiva che il rumore del risucchio eterno. Nessuno parlava al gran reo (perchè era un gran reo davvero!) di tali cose del mondo, come non lo riguardassero punto o... lo riguardassero troppo. I cannoni vegliavano alle feritoie. Cinque corazzate erano ai piedi, ancorate, di guardia. Roma era nostra, e l’unico che non lo sapesse, era... Giuseppe Mazzini! Ma era esso, il mesto affranto prigioniero, che entrava in Roma! Era la sua idea, era la sua volontà, era la sua passione ispirata a tutto un popolo, che saliva il Campidoglio! Era la sua anima soffiata in un re, che proclamava: A Roma siamo, a Roma resteremo!

Mazzini era prigioniero, ma aveva vinto. Il suo non era più un partito: egli era l’Italia.



VIII.


Oh! certo il prigioniero era profondamente triste; e quando fu liberato, e seppe, la sua tristezza crebbe. Egli diceva: la mia Roma profanata!... l’ideale della vita sfumato... lasciate che passi questa nerissima nube... E non sorrise più, e morì desolato, poco più d’un anno dopo.

Sì; ma la nerissima nube adombrava e adombra anche altre fronti; anche la tua, adombrava, o Antonio Mordini! E sì e sì: anche la tua, e per la medesima causa che quella del maestro, a cui fosti fedele: l’altra tavola della legge mazziniana, la più sacra, non era osservata. E qual era? Voi potreste sugge-