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16 | pensieri e discorsi |
VI.
Tu sei savio e mi contento. Non vuoi nè ripetere il già detto nè trovare l’indicibile; non vuoi essere nè un’inutilità nè una vanità. Vuoi il nuovo, ma sai che nelle cose è il nuovo, per chi sa vederlo, e non t’indurrai a trovarlo, affatturando e sofisticando. Il nuovo non s’inventa: si scopre. Mi contento dunque, a dirla tra noi, vale a dire, tra me... Ma intendiamoci subito: di ciò non ti attribuisco gran lode, perchè non ci vedo gran merito. Come? Aspetta e sii paziente, che mi conviene andar per le lunghe. E prima vorrei farti una domanda. Un fine, l’hai tu? Fuori, s’intende, di quello appunto di dire o dittare? E puoi dirmi, quale? Ho bisogno di saperlo. Non rispondi? Pensi? esiti? dubiti?! Imagino che codesto fine non sia, per esempio, quello di dare un po’ d’aiuto, di fornire un poco d’oro al tuo vecchio ospite, che ne ha tanto bisogno. Imagino, anzi so che tu non conosci altro oro che metaforico, cioè che non si spende. Ridi? Intendiamoci. So per certo che tu non credi di procacciarmi direttamente un utile materiale, ma sospetto che ti figuri di procacciarmelo indirettamente, aggiungendo non saprei che favore alla mia povera persona e che pregio alle mie umili virtù, sì che l’industria, che sai che esercito, mi profitti qualche cosa più. Ebbene, ti inganneresti. Sappi che è il contrario; e che è ragionevole che sia il contrario. Tu sei un fanciullo: ora non tutti sanno distinguere te fanciullo da me vecchio, e perchè mi sentono e vedono bamboleggiare qualche volta, credono volentieri che io bamboleggi sempre, anche