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il settimo giorno | 253 |
nostra! È un’ora soave proprio; ma io che m’attardo ad ascoltare le grida dei ragazzi, che quella sera sono più sonore del solito, e a vedere i loro giuochi, che sono più giulivi delle altre sere; io penso che è quasi una crudeltà inconsapevole la loro ingenua gioia. Non c’è domenica, o bambini delle scuole, per i bambini delle botteghe! Non c’è domenica, o bambini, per i vostri fratelli più grandi che giungono torvi a casa, perchè la vostra allegria loro ha ricordato che c’è la domenica ma non per tutti. Non c’è domenica, o bambini, per i vostri babbi, che vi guardano accigliati e vi mandano a fare i vostri troppo lunghi compiti, adirandosi forse nel loro cuore di non potere, o peggio, di non volere prendersi anch’essi quel riposo. Così necessario a voi, bambini; così necessario a voi, babbi; così necessario che ve lo prendiate tutti insieme, bambini e babbi, e vi godiate le uniche gioie che ha il mondo, quelle della famiglia, e diate e riceviate gli unici insegnamenti che nel mondo sono efficaci e duraturi, quelli paterni; e andiate un po’ a passeggio insieme, andiate insieme a trovare le famiglie amiche, andiate insieme a vedere la vostra bella campagna e il vostro bellissimo mare!
Già: il popolo di Messina è innamorato della campagna. Ho osservato che specialmente alle finestre dei mezzanini sono sempre fiori, e alle volte dei verzieri, a dirittura, di gerani-edere, di garofani, di piante rampicanti. E se si passa per la via con qualche fiore in mano, sempre qualche bambina vince la sua naturale ritrosia e timidità, e ci s’appressa e dice: Vossía mi dugna u sciuri. C è molto di buono, o messinesi, nella nostra cara Messina. Di rado o