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l’avvento | 243 |
certo dell’avvenire dei miei figli, affidati all’amore del consorzio umano...
— E io ho già più del necessario, perchè oltre il cibo, il tetto e il vestire, ho l’istruzione per i miei figli e la gioia di questa gran pace.
— E dire che io a forza ti volevo negare ciò che è tanto mio utile averti dato!
— E dire che io volevo aver per forza ciò che per amore mi avresti dato!
— Quanto abbiamo sofferto!
— Oh! sì: quanto!
— Ed era così facile finirla!
— Così facile e così bello!
E la divina Elena verserà nelle coppe di quelli uomini mesti il farmaco contro il dolore e contro l’ira.
Chi mi dirà che questo è lontano e fantastico? Chi mai, al quale io non possa opporre che l’avvenire ch’egli prevede, è anche più lontano e più fantastico?
Qual dato di scienza economica, per esempio; che, per esempio, la ricchezza tende ad accentrarsi e la proprietà individuale a sparire; è più certo della mia semplice intuizione, che l’uomo, il quale ha già asili e ospedali in cambio d’altrettanti ergastoli di schiavi e di gladiatori, tende sempre a migliorare?
E dunque, mi si dirà, ce ne dobbiamo star con le mani in mano ad aspettare l’avvento di codesto regno della carità?
Tutt’altro! Tutt’altro! Tutt’altro! Solamente, bisogna fare, non dire! Noi dobbiamo adempierlo tutti, intorno a noi, il gran sogno dell’avvenire, nel modo che meglio possiamo. Molti fatti anche piccoli, costituiranno un gran fatto; molte parole, anche grandi,