così privo di tutto, d’un uomo così povero, d’un condannato così innocente e così straziato? e che è Dio? quel Dio da tanto tempo aspettato e annunziato? che pareva dovesse apparire con tanta potenza e gloria, e mostrare tanti miracoli di felicità? Da duemila anni il genere umano fa la sua meditazione su quello strame e su quella croce. E insensibilmente, per così dire, un sentimento nuovo è entrato nei nostri cuori selvaggi. Insensibilmente, ripeto: e lentissimamente, ahimè! Perchè, quando il Cristianesimo trionfò, fu cominciato a eliminare dai supplizi quello della Croce?1 Fu religioso rispetto al grande simbolo, o non fu piuttosto inconsapevole vergogna, di dare ad un uomo, anche reo, il martòro per cui si versavano tante lagrime nelle chiese, dove pure il crocifisso splendeva di gloria, di immortalità e divinità? Fu vergogna! vergogna! E gli uomini erano ancora tanto ciechi e bestiali da non comprendere che la forca era una croce con un braccio solo, e che la ruota era una croce posta in piano, e che il rogo che distruggeva e disperdeva il corpo dopo atroci torture, era peggio di quella croce, da cui fu deposto il corpo di Gesù, perchè sua madre l’abbracciasse. Lentissimamente, al nostro parere e credere, il Sole, con tutto il suo corteo di pianeti, tra cui la trista Terra insanguinata, cammina cammina verso una nuova plaga dei cieli; lentissimamente il genere degli uomini procede verso l’umanità. Intanto dopo le forche e le ruote e i roghi dell’Evo medio, dopo
- ↑ Vedi, per es. Aur. Aug. in Ioh. Ev. 8: Denique modo in poenis reorum non est apud Romanos: ubi enim domini crux honorata est, putatum est quod et reus honoraretur, si crucifigeretur.