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l’eroe italico 209

a voi non basta la terra, e specialmente voi vi spandete dovunque sia lavoro e martòro; vedete: gli altri popoli, che sono tutt’altro che stanchi d’essere uniti e singoli; anche dove le braccia che lavorano son nostre e nostra è la lingua nella quale là si geme e si piange, là piantano la loro bandiera e intimano le loro leggi e impongono la loro lingua... E la nostra missione storica è finita?„

E la voce s’appressa, e gli squilli chiareggiano, e passano ondate di guerrieri, ora nere, ora vermiglie: il flutto alivolo dei bersaglieri, la striscia di sangue dei garibaldini.

“Quel che volete, o figli e figli de’ figli! Ma è un grande ideale, quello per cui si muore! quello per cui si è innocenti quando s’uccide e si è contenti quando si è uccisi! E ora quell’ideale è morto? Non c’è più la guerra? Fosse!... Ma che fa laggiù Dewet?... Se uccide, è innocente; s’è ucciso, è felice, e sì quando sarà ucciso e gli scaveranno la fossa, l’impero britannico sarà più grande che mai e si estenderà, oltre che nell’Europa, Asia, America e Australia, anche in Africa, perfettamente da Alessandria al Capo; ebbene quella fossa sarà più grande di quell’impero!„

E la voce si fa sempre più vicina e gli squilli raddoppiano, e si sente lo scalpitare dei cavalli, e suona la fanfara di Filiberto, e passa Vittorio Emanuele. “Fioeui, qualche cosa ho fatto anch’io, credo! Re ho sfidato tutte le Corti di Europa, cominciando dai miei primi parenti. E infine, scendendo stivalato da cavallo, mi sono andato a mettere a sedere, imperturbabile, là, dove nessuno voleva che andassi, nella Roma dei Cesari e dei Papi. E ci sono restato! Fioeui, vi raccomando mio figlio, buono e forte!... „