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l’eroe italico | 193 |
sta tra una culla che ieri cominciò a tremare1, e una immobile tomba... Andiamo! andiamo al Faro! Ti ricordi? Era tutto fiorito di camicie rosse, nell’anno sessanta. Eri entrato nella fiera Messina, la città fedele, che chi le si dà, non lo rende se non sepolto, se mai, sotto le sue rovine. Eri entrato nella testa di ponte dell’unità italiana. Ti ricordi? Il cavallo di Bosco, tra le gambe di Medici, come faceva sonare l’unghie di ferro sul lastrico della via!... Andiamo al Faro. Ti ricordi? Dalla Torre guardavi e guardavi verso Aspromonte... Ah! è vero... Non ricordarti. O guardiamo, guardiamo pure, ma senza avvicinare con le lenti del rancore le cose lontane. Guarda così, e dimmi se vedi quel bosco e quella cascina e quel sangue. Oh! no: tutto si fonde in un solo limpido azzurro, come di cielo che abbia dimenticate le nuvole, come di mare che abbia perdonato alla tempesta. —
Così sussurra il mare, e s’alza e s’abbassa, e torna ad alzarsi, mollemente ed eternamente, per vedere che è quel silenzio e quell’immobilità.
E a volte brontola e mormora e si ostina e grida e urla: — Déstati: c’è da fare! Lontano lontano c’è una conca tra aride ambe, una valle tutta sangue! sangue nostro! Non sono de’ tuoi; sono di quelli del Re; ma c’è tanto sangue, tanto rosso, che si crederebbero tue camicie rosse. E poi, chi sa? Pare che a un Castel Morrone che si chiama Amba-Alagè, sia risuscitato il tuo Pilade Bronzetti, per rimorire subito. È il maggior Toselli: non è de’ tuoi? E senti che frenetici scoppi! Non sono le batterie di Bezzecca?
- ↑ Era il 2 di giugno del 1901.