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il fanciullino | 7 |
riusciva più piccola, sebbene sempre paresse più chiara; come quando confrontava il fluido parlare di alcuni vecchi savi all’incessante frinire delle cicale, o la resistenza d’un grande eroe all’indifferenza d’un asino che séguita a empirsi d’erba nel prato donde i bimbi vogliono cacciarlo a suon di bastonate. No no: il fanciullino del cieco non tanto voleva farsi onore, quanto farsi capire: non esagerava; perchè i fatti che raccontava, gli parevano già assai mirabili così come erano. Ed egli sapeva, nè per altro argomento se non perchè parevano anche a lui, che mirabili dovevano parere anche agli altri bambini come lui, che erano nell’anima di tutti i suoi uditori. I quali ora come allora lo ascoltano con maraviglia. E non sarebbe ragionevole, di cose che dopo trenta secoli non si credono più verosimili. Ma dopo pur trenta secoli gli uomini non nascono di trent’anni, e anche dopo i trent’anni restano per qualche parte fanciulli.
III.
Ma è veramente in tutti il fanciullo musico? Che in qualcuno non sia, non vorrei credere nè ad altri nè a lui stesso: tanta a me parrebbe di lui la miseria e la solitudine. Egli non avrebbe dentro sè quel seno concavo da cui risonare le voci degli altri uomini; e nulla dell’anima sua giungerebbe all’anima dei suoi vicini. Egli non sarebbe unito all’umanità se non per le catene della legge, le quali o squassasse gravi o portasse leggiere, come uno schiavo o ribelle per la novità o indifferente per la consuetudine. Perchè non gli uomini si sentono fratelli tra loro, essi che cre-