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176 | pensieri e discorsi |
forti ingoiano i più deboli: verrà tempo, in cui si potrà dinotare per nome l’unico possessore di tutto il mondo: un tiranno al cui servizio sia un genere umano di schiavi.
Verrà tempo... Verrà davvero? Oh! non è possibile! Eppure sembra fatale e necessario, come la progressione geometrica. Ma sarebbe inconcepibile! E sì. E perciò il genere umano, quello almeno che intravede se non prevede, rilutta disperatamente, come chi precipita per un pendìo ancor dolce verso un abisso infinito, e si aggrappa a ogni cespuglio che incontra.
Il genere umano precipita verso l’abisso della monarchia unica e del possessore unico. Si presenta ai nostri occhi l’orribile visione della galera terracquea in cui tutti gli uomini lavoreranno meccanicamente, parlando, o a dir meglio tacendo, in una sola lingua, ubbidendo al cenno invisibile del solo despota che impera nella unica Babilonia. Ma il genere umano rilutta, in ogni modo, con ogni sforzo. Lo sforzo più grande è di coloro che dicono: Se le ricchezze tendono ad accentrarsi, lasciamole accentrare e mettiamole a disposizione di tutti. A parer mio, il loro programma è ben semplice. Il mondo (o diremo, il capitale) tende, pende, scende a essere d’uno? Sia di niuno, cioè di tutti. Bene. Ma è possibile scindere questo problema dall’altro? L’un problema è evitare che le ricchezze si accentrino in pochi sin che vadano a finire in un solo Moloch. L’altro è evitare che i singoli popoli siano assorbiti dai più forti sin che vadano a finire in un solo impero. E lascio qui di trattenermi in questo campo estraneo ai miei studii, se non alle mie angoscie, per dire e dire alto, che