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154 | pensieri e discorsi |
da studiare, e fornire a ciò i sussidi necessari. Ma li forniremo: intanto si è incominciato. Con tutto questo, i giovani che escono dal Liceo sapendo almeno tanto di greco quanto sanno di latino, non sono pochi; e non sono rari quelli che lo ricordano poi almeno quanto la filosofia e la matematica; e nelle facoltà letterarie è più facile trovare chi si dedica al greco, che chi si dia al latino e forse all’italiano; il che è segno non sempre e non solo di una maggiore genialità persuasiva e attrattiva nel professore di greco all’Università sopra gli altri suoi colleghi, ma anche di maggior frutto e di maggior diletto trovato in quello studio dall’alunno nelle scuole secondarie. Creda, onorevole Martini, che prima di cedere per cotesta ragione al decreto demolitore del nostro greco, noi pretenderemo una perizia comparativa. Se il greco si deve abolire perchè non si sa, cioè si sa poco dai più, noi domanderemo quale altra materia si sappia molto da questi molti o da questi troppi. La matematica? la filosofia? la fisica? l’italiano? Eh! via!
Di questo palio di ciuchi non daremo lo spettacolo, suppongo, e ci appiglieremo ad altre ragioni e ad altri sistemi. Che la coltura sia più intensa e più semplice, è desiderio comune. A proposito, che cosa è questa cultura? Confesso che non ne ho avuto sempre idea chiara: adesso mi pare che ella debba essere il preparamento dello spirito a ricevere non solo una istruzione speciale e professionale, ma anche, e più, ogni seme ideale, che sparga la scienza e l’arte. Nè si tratta solo di fornire estimatori all’arte e propagatori alla scienza (sebbene, se solo questo fine si raggiungesse, gli scrittori italiani potrebbero