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la scuola classica 153

Ma è vero che i suoi passi non sono sempre così lunghi: presto è costretto (dico costretto) a pestare le sue orme. Come mai? Mancano nelle nostre scuole certi strumenti necessari. E li fabbricheremo, stia certo, onorevole Martini; se ci darà tempo. Ma intanto mancano: manca, per esempio, una collezioncina ricca e svariata di scrittori con apposito vocabolario per il passaggio dagli ormai frusti esercizi dello Schenkl e d’altri a una lettura più larga. Già negli esami della quarta e quinta ginnasiale noi non ci accorgiamo di proporre a quei poveri giovanetti un logogrifo piuttosto che un tema, una tortura più che un logogrifo, un’assurdità crudele. Dobbiamo provarli nella grammatica, ed esigiamo che ci rispondano in lessico. Essi si scervellano, con effetto, per lo più, di nostre ignoranti risa, non a definire quale caso sia di quel nome e quale tempo di quel verbo, ma a rintracciare, fra trenta o quaranta significati di una parola, quale sia quello che si adatti a ognuna delle parole del tema e che non contrasti a quello della precedente e della seguente, che è anche esso da rintracciare in due colonne di un vocabolario usato e veduto forse quel giorno per la prima volta. Quella è la prova che dà il primo scoraggiamento, quasi un disinganno al piccolo alunno. Il quale cambia spesso poi lo scoraggiamento in disgusto e in odio, per molte ragioni che non tutte dipendono da lui, e delle quali la più grande è quella, che di una lingua e di una letteratura vissuta per quasi due millenni e mezzo con tante forme e con tante differenze da dialetto a dialetto, da genere letterario a genere letterario, da scrittore a scrittore, noi non sappiamo o non abbiamo saputo finora circoscrivere a mano a mano i periodi