nazione contro tutti gli ostacoli, oltre ogni eccitamento. Che ce ne siano quaranta invece di venti, è sì un bene grande, ma non necessario: i venti lavorebbero per quaranta, se rimanessero in venti. Dunque noi faremo a meno di esortarvi e di vigilarvi; e far perdere il tempo preziosissimo ai pochi o molti che vogliono riuscire e provano immenso diletto nello studiare oggi e proveranno domani grande utile e gloria nell’esercitare; e diminuire così anche il frutto e l’onore che la società può ritrarre da loro; per tener dietro agli altri, molti o pochi, che vogliono essere pregati e ripregati (carini!), lisciati, accarezzati, per far cosa non utile che a loro stessi. Somigliano questi ai bimbi che fanno le bizze e vogliono mangiare senza aprir la bocca. Or bene, noi non siamo mamme, nè sopra tutto mammine tenerine, che con le moine si mettano attorno a quella boccuccia per farla aprire, nè infine così irragionevoli e crudeli, che, a tavola (la scuola è un convito), facciano freddare la minestra agli altri, non permettendo loro di cominciarla finchè non si sia deciso di assaggiarla il bimbettino. Avete dunque tutti facoltà di studiare, libertà di non studiare. Fate voi, chè fate per voi. — Ma che assurdo è questo che nel mercato ci sia chi offre per una certa somma un certo numero di cose — greco, latino, matematiche, filosofia — e il compratore dica, che sì, il prezzo gli va e la merce gli torna, ma delle cose ne vuole una meno? Passiamo che quella sia cosa di cui non sappia che farsi. Ma via! porta a casa anche quella, chè tu non abbia col tempo a sentirne la mancanza; e a ogni modo non danneggiare gli altri compratori, che possano già vederne l’utilità, e vedano in tanto i mercatini riporre