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la scuola classica 143

futuro (specialmente futuro, peraltro) ha minor numero d’oppositori; minore dico; chè non si può, anzi non si deve, piacere a tutti. Ecco il perchè, o meglio, uno dei perchè; il principale però, a mio parere. I ministri che l’hanno preceduto, onorevole Martini, buoni, bravi, cortesi tutti, ebbero quasi tutti rivolta l’industria del loro ingegno ed esplicata la tenerezza del loro cuore a pro’ bensì della gioventù studiosa, ma di quell’altra... di quella che studia poco. Si sono accontentati gli scolari: quanto ai maestri... È stato come in una rissa; dove chi accorre a sedarla, nell’accarezzare il piccino frignone, guarda a stracciasacco il grandicello. Oh! si capisce la premura maggiore per l’avvenire più integro e più lungo di promesse e speranze, la maggiore simpatia per il passato più breve e puro di pensiero e di tristezza; ma pietà pietà per quelli che appena entrati nella vita guardano già l’avvenire con diffidenza e il passato con rimpianto! Questi sono giorni di “passo„: 1 migrano in questi giorni da nord a sud, e da sud a nord, i giovani professori, con appena un po’ più di masserizie che le rondini, accompagnati quasi sempre da una loro mogliettina che non ebbe più dote d’una rondine e fu sposata per amore e primavera. Sono giovani: amateli! Che importa se li invecchia un poco qualche visetto (patitino, per lo più) di bimbo? È la prima cova, quella. Che fa se li invecchia, prima delle rughe, quello star sopra sè, gravi e quasi tristi, per l’abitudine d’avere avanti a sè gli scolari, per la necessità di dover fare da babbi ai loro fratelli minori? Fratelli, fratelli, e non più. Ma è come nelle

  1. Scrivevo sugli ultimi di settembre.