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112 pensieri e discorsi

dere; e sempre, a quando a quando, avete richiamato a terra il vostro pensiero fuggitivo, come sciame d’api dall’arnia, col suon dei cembali e dei timpani de’ vostri baccanali. Oh! voi voleste dimenticare la infelice scoperta; e sempre, ad ora ad ora, vi stordite e dimenticate; e così vi rifate simili ai bruti e, nell’oblio della morte, date la morte. Ogni volta che scendete dall’inamabile altezza, alla quale eravate ascesi, voi vi trovate nelle dita i vecchi artigli e nelle mandibole le vecchie zanne e nel cuore la vecchia ferocia di cannibali. Come il gigante della favola, nel toccar terra cadendo, riprendete la vostra forza pugnace; e non vi ricordate se non di essere bruti, e credete di non essere nati, come essi, se non a combattere.

E ora, ora che si poteva credere che aveste messe le ali a dirittura, ora che si poteva sperare che le cadute dall’alto e i ritorni al bruto avessero a esser sempre più rari e singolari, ora... eccovi là tutti per terra, quanti uomini, quante classi, quanti popoli, quante razze siete, eccovi là per terra, rotolare, ansimare, bramire nello spasimo dell’odio! Questa è l’antica ascensione!



II.


Un poeta del nostro secolo non credo che possa parlare altrimenti che così. E credo che ad esso alcuno potrebbe rispondere dicendo: Ma ne hai colpa tu, di codesto: tu e i tuoi compagni. Sei tu poeta, e non altri, colui che deve spogliare gli uomini della loro ferità! Tu sei un Orfeo che siedi ozioso sotto