. . . . . . . . . 37

Forse che fra l’incudine e il martello
     Egli gemere udìa sillabe arcane:
     Il motto ignoto dell’immenso Bello,
     La cifra oscura della Sfinge immane!

Amo il buio e il fragor della fucina,
     E mi piace l’artier che tempra il ferro:
     La polverosa sua faccia ferina,
     Gli occhi di foco, e le braccia di cerro.

Fossi fanciulla bianca e delicata,
     Vorrei sporcarmi al suo nobile petto:
     L’arte soave sulla lena innata,
     E sulla forza verserei l’affetto.

O Polifemo! il gaio mondo antico
     Ossa e Pelia inforcati ancor vedea,
     Se fosse giunto all’isola un’amico
     A condurti per man la Galatea!