Ma, l’ultimo bacio, coll’ultima tazza,
Versato sul crine di un’ebra ragazza, 15Io stavo cogli occhi rivolti a un stuolo
Di larve leggiere che andavano a volo;
Sorgeano, svanivano, cantandomi allato,
Cantandomi i canti del tempo passato.
— Rammenti? Rammenti? — dicevano insieme, 20Poi tutte mutavano le sillabe estreme:
— Io sono la coltrice del letto infantile... —
— E noi siam le gioie dei giorni d’aprile... —
— Son io la locanda dei queti villaggi... —
— Io son la valigia dei garruli viaggi... —
25— Rammenti?... la cattedra son io della scuola... —
— Io son del giardino la memore aiuola... —
— Noi siamo le cabale dell’alta lavagna... —
— Noi siam le domeniche passate in campagna... —
— E noi dell’inverno le notti vegliate... — 30— E noi, noi le vergini dal cielo invocate! —
— Rammenti?... Rammenti?... la seggiola io sono,
La seggiola bella, più bella di un trono,
In cui dietro l’umile cortina distesa,
Fra i vaghi riflessi che veggonsi in chiesa, 35La candida infanzia capì la madonna,
La buona, la santa, la povera nonna! —
Oh angosce, oh trasporti dell’anima mia!
E i sogni sfumavano, la nenia svania....
La tavola piena di trilli argentini 40Ridea col profumo dei fiori e dei vini;
E Nina, una fragile dal senno maturo,
Parlava dei baffi di un capo-tamburo!