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documenti 245

del Luglio 1846 coll’esilio però dallo Stato Pontifício, recavasi prima in Firenze, ed al cominciar poscia del 1848, tornando in Roma, associavasi a principali faziosi, fece vasi assiduo compagno del Galletti, il quale non dubitava di chiamarlo suo amico, e di additarlo qual uomo onesto, malgrado che rotto ad ogni maniera di delitti sia stato condannato da Tribunali Ordinari a gravi pene, anche per furti qualificati.

Considerando, che esuberanti prove addimostrano, come la dimora del Colonnello in Roma fosse una missione assidua nell’intelligenza del Galletti, dell’Accursi, del Brunetti ed altri capi agitatori per promuovere le associazioni della plebe dei diversi Rioni, e specialmente del Rione Regola, demoralizzarla, e corromperla nel senso della demagogia; nel quale assunto mostrava tanta operosità, da attirarsi perfino i motteggi d’un Bezzi sul battesimo Settario, che dava ai ladri della Città, coi quali usava di continuo assai famigliarmente.

Considerando essere pur provati i suoi continui contatti con Angelo Brunetti, Bernardino Facciotti, Girolamo Conti, Vincenzo Carbonelli, Gennaro Bomba, ed altri napoletani emigrati per fellonia, dopo i fatti del 15 maggio 1848; essere pure stabilito, che presiedesse alle congreghe con Bernardino Facciotti, e nella bottega di questo, ed a Campovaccino studiandosi di eccitar nella plebe l’odio contro il ministro Rossi; essere infine constatato dal rivelo di un correo, e da molte deposizioni testimoniali, che all’approssimarsi del 15 novembre si adoperasse per fondere le diverse società, sotto la direzione dello Sterbini, e del Brunetti, e che intervenisse alle congreghe preparatorie al delitto del 13 e 14 novembre.

Considerando, come presso tutto ciò non possa dubitarsi, che il Colonnello, come capo di faziosa moltitudine, e in dipendenza dei primi cospiratori prestasse ogni appoggio ai propositi dell’assassinio, alla sua esecuzione, ed alla consecutiva ribellione, giacchè il rivelante, ed i testimoni assicurano esser egli comparso prima del delitto sulla piazza della Cancelleria, aver quindi convocato turba di vaccinari già da lui predisposta, e pronta a dar mano agli avvenimenti; essersi di poi nella sera recato al Circolo popolare, ed aver preso parte alle ovazioni; essersi infine condotto, come egli stesso non impugna, nel giorno 16 a capo di molta plebe ad aggredire il Quirinale, giungendo perfino ad introdursi audacemente nel palazzo Apostolico con Federico Torre, ed altri per minacciare l’ultima catastrofe, se in brevi momenti non si fossero secondate le dissennate voglie dei congiurati.