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SENTENZA.


Era il giorno 15, Novembre 1848, giorno fecondo di quanti mali ebbe quindi riversato l’anarchia negli Stati della Chiesa, e la riapertura de’ Consigli legislativi richiamava al Palazzo della Cancelleria un numeroso concorso di spettatori. Molti deputati erano già al loro posto, erano piene le Tribune, e molta frequenza di popolo nell’atrio, e fuori. La Guardia Civica dalle dieci del mattino guerniva la piazza della Cancelleria, e la porta dell’Aula del Consiglio; ma nell’atrio, o meglio dal vestibolo del Palazzo lino alla Scala vedevansi in vari gruppi altre assise militari: eran circa sessanta volontari di quel battaglione, che intitolavasi dai Reduci sotto gli ordini di un Luigi Grandoni, armati di daga, e vestiti tutti della vecchia e leggera tunica estiva, che faceva un curioso contrasto coi rigori della nuova stagione. Scorgevansi fra questi acerbi visi un confabular sospetto, un muoversi di continuo, come di chi attenda altrui con impazienza, e udivansi ancor tronche parole, imprecazioni, e talor qualche voce, che diceva — Come arriva lo cuciniamo, vogliamo farla finita — Altri sospetti appostamenti notavansi alla porta minore del palazzo, ed all’altra pure che introduce per l’attigua Chiesa. Giungeva in questo il Deputato Pietro Sterbini, e da costoro veniva ricevuto con ogni maniera di applausi, e di evviva fragorose.

Batteva l’un’ora, e mezzo pomeridiana e già talun d’essi si udiva ripetere — Quando arriva questo boia? Questa carogna dovrebbe aver paura — quando sorgono altre voci — Eccolo eccolo — e tutti, con un movimento celere, ed unanime si schierano in due ale dal punto, ove chi venendo in carrozza avrebbe dovuto discendere, tino alla scala. Era il Conte Pellegrino Rossi Ministro dell’Interno, che si recava al Consiglio mal presago del destino, che l’attendeva. Imperocché, disceso egli appena col suo compagno Cav. Pietro Righetti, al silenzio fino allora osservato, succede, e sorge un sibilo, un urlo, che eccheggia fino alla sala de’ Deputati, misto a delle grida furibonde — Ammazzalo, abbasso Rossi, morte a Rossi.

Egli speditamente ed imperturbato s’invia alla scala; ma le due ali d’armati lo dividono dal compagno, e stringendolo in mezzo a loro gli fanno villania, e frattanto, mentre urtato a destra volgeva il capo da quel lato, porgeva a sinistra discoperto il collo ad un pugnale, onde era trafitto di larga, e mortale ferita.