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224 il processo di pellegrino rossi

Egli dunque presentò ai. Giudici del Secondo Turno del Supremo Tribunale della Sacra Consulta, una memoria a stampa, di 37 pagine, in carta grossa, barbata, in fogli in-8, grande, edita in Roma dalla Tipografia della Reverenda Camera Apostolica, di cui quella carta porta la marca con lo stemma: ma la stampa ne è scorrettissima.

Consacra il Frassinelli le prime sedici pagine della sua scrittura dal § 1 al 16 a dimostrare le lacune, le deficenze e le fallacie principali della relazione fiscale, l’abiezione morale, la scelleratezza dell’impunitario Bernasconi, la inattendibilità delle rivelazioni ed accuse di lui, di cui rileva le contraddizioni e le menzogne, fondandosi non poco sulle risultanze del processo contro Onofrio Colafranceschi.

In alcuni punti di questa parte, non ostante lo stile curialesco e trasandato, le argomentazioni dell’avvocato Frassinelli sono abbastanza efficaci e vigorose.

E nel § 16 il Frassinelli conchiude così: «Risultando dagli atti che una cospirazione estesa predisponesse l’insurrezione del 16 novembre; che dai capi cospiratori fosse determinato l’assassinio del giorno 15 come mezzo a fine, mentre le indagini processuali dovevano allargarsi alla cognizione integrale della causa, del mezzo e dallo scopo, doveva l’effetto punitivo pur limitarsi, in forza dell’editto di amnistia, a coloro che come mandanti principali od esecutori diretti apparissero aver prestato opera dell’omicidio Rossi.

«Che dalla qualità dei mezzi adoperati per consumare un delitto, il delitto stesso assuma la sua qualifica, qualifica che mentre va a renderlo di maggior conseguenza penale, non ne altera certamente però la sua essenza, basta di prendere a lettura il nostro Codice penale per convincersene. Ed in vero, se per esimere un detenuto dalle mani della forza si recano a questa ingiurie o ferite, la violenza addiviene qualificata; se per derubare Tizio delli suoi effetti viene usata violenza aperta, o scalata la casa, il furto addiviene qualificato; se per fuggire dal carcere, viene ucciso il custode, la fuga addiviene qualificata, e non si legge già omicidio con fuga, ma bensi fuga con omicidio, giacche lo scopo del delinquente era la fuga, e dell’omicidio fu duopo qual mezzo per riuscire nell’intento.

«La stessa epigrafe del processo Lesa Maestà con omicidio comprova abbastanza il nostro assunto.

«Se, dunque, l’uccisione del Rossi, come si confessa dallo stesso Giudice Istruttore non fu che il puro mezzo per riuscire nell’intento propostosi dalla rivoluzione, e questa in forza della ma-