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capitolo ventesimo 145

quella, riunione tanto se essa avvenne, come io credo, nella vendita Carbonara di Trastevere, quanto se essa fu tenuta invece, in casa di Pietro Sterbini, come sulla fede del Ranucci asserì il Costantini.

Ora per l’accordo esecutivo non c’è quasi più bisogno di procedere per congetture: le deposizioni Tittoni e Macchielli ci han detto ciò che avvenne. Lo Sterbini, per l’intermezzo di uno dei suoi più fidi — forse, quasi certamente, di Angelo Bezzi — fece raccogliere a sera tarda nell’osteria del Fornaio a Ripetta quei sei giovani, scelti da lui stesso e dal Bezzi fra i più caldi, i più coraggiosi, i più decisi, scelti fra coloro che eran già convinti che l’uccisione del Rossi fosse opera giusta, di legittima difesa, patriottica e meritoria.

Si può ritenere per certo che il Bezzi o chi altri fosse, diede a quei giovani appuntamento all’osteria del Fornaio per le dieci e mezza e le undici di sera, senza prevenirli punto di ciò che si doveva fare e senza dir loro che là sarebbe andato Pietro Sterbini.

E di quei sei noi ormai sappiamo sicuramente chi fossero almeno cinque e cioè Luigi Brunetti, Felice Neri, Filippo Trentanove, Antonio Ranucci detto Pescetto e Sante Costantini, caldi tutti, tutti fanatici, giovani decisi, rissosi, audaci e, a causa della loro esaltazione, pronti a tutto. Allo stato degli atti resta dubbio se il sesto fosse lo stesso Angelo Bezzi, o fosse il mosaicista Alessandro Todini, il quale era uomo di trentotto anni, gagliardissimo delle membra, pronto alla azione e antico carbonaro del tentato movimento insurrezionale romano del 1831: e non sarebbe neppure improbabile che il Bezzi e il Todini si trovassero tutti due quella sera del 14 novembre all’osteria del Fornaio1.


  1. Alessandro Todini, mosaicista, figlio di Luigi e nipote del Dottor Todini, archiatro del Pontefice Leone XII, era nato a Scarpa — oggi Cineto Romano — in provincia di Roma, nel 1810 e aveva, nel 1827, o nel 1828, diecissette o dieciotto anni, ed era giovine robustissimo, energico, risoluto, fino da allora liberale esaltato e, nel 1828 uccise con una selciata un gendarme pontificio. Fu processato ma, vista la sua giovanissima età e stante la protezione dello zio, potentissimo allora nella corte papale, fu condannato a tenue pena.
       Par certo che nel 1830 fosse ascritto alla Carboneria: nel 1831 fu arrestato per la tentata sommossa del 12 febbraio a piazza Colonna,