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capitolo decimonono 113

Le conchiusioni di Monsignor Benvenuti proclamavano che, allo stato degli atti, mancavano le resultanze per condannare il Grandoni, onde il tutore della Legge affermava che la giustizia, la verità, la ragione giuridica imponevano di sospendere ogni giudizio su di lui, per poter proseguire nelle indagini inquisitive a fine di rafforzare, di avvalorare — impinguare — gli atti processuali che, tali quali si presentavano allora, erano troppo deboli, troppo esili per condannare uno sventurato all’estremo supplizio1.

Eppure il preconcetto, il prestabilito, la ragione di stato domandavano due teste e, con esempio quasi unico nella storia dei processi, il Supremo Tribunale della Sacra Consulta a Turni riuniti, emise la mostruosa sentenza con cui, contrariamente alle conchiusioni fiscali, Luigi Grandoni veniva condannato a morte!

Tali furono i risultati di questo Processo famoso, la cui istruttoria durò — comprese le notate interruzioni — quarantatre mesi e mezzo; con siffatti risultati, voluti e prestabiliti, ma non logicamente, non storicamente, non giuridicamente emergenti dagli atti, il Governo Pontificio rispose all’aspettazione del mondo civile e della storia e credette di avere dimostrato due cose: la colpabilità di tutto il partito liberale romano nelle diverse sue gradazioni nell’assassinio del Rossi: e la propria energia, forza e giustizia.

Se, come, in quanto e fin dove il restaurato Governo pontificio raggiungesse effettivamente questi due fini propostisi in parte i lettori han già veduto dai precedenti capitoli, in parte vedranno nel prossimo ultimo capitolo, in cui io intendo e debbo considerare le resultanze processuali in rapporto alla verità storica. Vedranno allora — io spero ancor meglio, che forse non abbian potuto vedere fin qui — vedranno i lettori, anche sul fondamento di nuovi documenti stragiudiziali, come da quelle risultanze scaturisca la responsabilità di Sante Costantini e la innocenza di Luigi Grandoni nella uccisione del Conte Pellegrino Rossi.


  1. Conchiusione tanta più notevole e impressionante in quanto che Monsignor Benvenuti non era — come si è detto — nè proclive a benignità verso i prevenuti politici, nè troppo inchinevole alla pietà.