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Il Duca di Rignano, deputato del II collegio di Roma, fra i patrizi romani, per la maggior parte, allora, poco colti, passava per una cima, perchè aveva studiato matematiche all’Università di Roma, e non mancava di un certo ingegno, era liberale moderato, ma assai fiacco dell’animo e non poteva apportare alcuna forza al ministero di cui era chiamato a far parte dall’amicizia che per lui nutriva il Conte Rossi. Il professore Antonio Montanari, deputato di Bertinoro, giovane d’ingegno, era allora un modesto professore, a cui la notorietà venne posteriormente per l’insegna mento della storia nell’Ateneo bolognese, durato circa quaranfanni; liberale moderato che assai più presumeva delle sue deboli forze che esse non valessero1 e il cui aiuto al Rossi era, per tutte queste ragioni, mediocre assai. Il Conte Pietro Guarini, deputato di Porli, cultore sufficiente di studi economici e dottrinario, non arrecava certo, con sè, nel nuovo ministero nè autorità, nè prestigio. Sopra sette ministri non vi erano, in quel momento, che quattro deputati: il che dava al ministero un carattere poco parlamentare e, per ciò, poco liberale.

L’abate Antonio Rosmini, il quale, dal 15 agosto, si trovava in Roma, incaricato dal governo piemontese di trattare col Papa intorno alla lega fra i principi italiani, l’abate Antonio Rosmini, anima dolce e mitissima, così giudicava quel ministero: «Quando il Rosmini conobbe come era formato il ministero Rossi, e vide in qual modo si metteva all’opera, ne fu allarmato; non perchè non desiderasse che c’entrasse il Rossi, che, anzi, lo aveva proposto lui al Papa; ma perchè trovava che il Rossi aveva composto il ministero in modo da governare egli solo e il Papa si era troppo abbandonato a lui, e perciò era piuttosto una dittatura che un ministero. Egli manifestò ingenuamente questo suo sentimento al Papa, e più volte ne tenne discorso col segretario di stato il Cardinale Soglia. Disse - e queste sono proprio le parole del Rosmini - che egli vedeva con piacere chiamato il Rossi al ministero, ma che, secondo lui, era troppo il lasciare nelle

  1. Della fiacchezza d’animo del duca Massimo e della presunzione del professore Antonio Montanari, addurrò, fra breve, le prove; giacchè la storia si deve scrivere coi documenti e senza i complimenti riguardosi, o le pietose menzognie, o le interessate adulazioni dei contemporanei, spesso disposti all’indulgenza contro la verità.