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capitolo primo 13

Quali fossero stati i pensieri, quali i sentimenti che avevano mosso e guidato Pellegrino Rossi nell’associarsi al movimento murattiano, oltre che dai fatti precedenti, è ampiamente dimostrato da queste altre parole dell’arguta, sarcastica e sdegnosa difesa, già ricordata. «Se l’amare il proprio paese e se il desiderare che esso torni grande e felice, quando anche ciò potesse non piacere del tutto a taluno, sono riguardati come delitto, io dispenso di buon grado i miei accusatori dall’allegare alcuna prova contro di me; mi confesso colpevole, ed avrei per ingiuria essere dichiarato innocente». E, continuando ad addurre le ragioni delle proprie azioni in quel sommovimento, soggiunge: «Dopo la battaglia di Lipsia la potenza francese declinava apertamente: essa non era più in istato di conservare con la forza i suoi domini d’Italia, ove si fosse fatto qualche tentativo per ispogliarnela. Ora, quale era il buon Italiano che non desiderasse di vedere questo sforzo, che non facesse dei voti perchè cosi bella occasione fosse afferrata, che non bramasse infine che un principe, qualunque pur egli fosse, si ponesse a questa nobile impresa? Se l’averlo desiderato e il non aver celato in qualche crocchio accademico questo mio desiderio, è delitto, aggiungetelo pure all’altro; io lo confesso».

Cercò, è vero, in quella difesa, il Rossi - ed ebbe torto - di scagionarsi della responsabilità del proclama del 4 aprile, che costituiva il maggiore suo atto di ribellione verso il Papa, adducendo che quel proclama gli era stato imposto; ma il calore patriottico di ogni linea di quel proclama costituiva una solenne smentita alla scusa della imposizione: non si scrive così se un profondo sentimento non anima e non ispira lo scrittore. Il governo pontificio non gli credette, ed ebbe ragione, e non gli perdonò.

Cosi finiva il primo periodo, quello che taluni biografi hanno chiamato il periodo italiano della vita di Pellegrino Rossi, il quale, all’età di trentadue anni, si trovava privo della patria, ad un tratto, e degli onori e dell’alta considerazione morale che, con gli studi, con l’ingegno, con l’eloquenza si era conquistato, e privo della lucrosa posizione che, con la vita sua attiva e laboriosa, si era procacciata.

L’illustre proscritto, rifugiato a Ginevra, doveva ricomin-