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capitolo terzo 165

consiglia al Papa quella politica, ma è pronto ad aiutarlo in essa. Ma, e l’Austria? - domanderanno i lettori.

Ah, non dubitino: il signor Guizot è preveggente: egli ha pensato tutto: egli entra a parlare dell’Austria. «Si dice» — egli scrive — «che noi ce la intendiamo con l’Austria, che il Papa non può contare su noi nei suoi rapporti con l’Austria».

Qui il signor Guizot, acceso di santa indignazione, esclama, con eloquenza alquanto stantia e declamatoria: «Menzogna tutto ciò, menzogna interessata e calcolata del partito stazionario che ci vuole screditare perchè noi non abbiamo nulla di comune con esso e del partito rivoluzionario che ci attacca dovunque perchè noi gli resistiamo efficacemente. Noi siamo in pace e in buone relazioni con l’Austria e desideriamo di restarci, perchè le cattive relazioni e la guerra con l’Austria è la guerra generale e la rivoluzione in Europa». E, continuando, egli, invece di riconoscere la realtà dei fatti pei quali l’Austria aveva provocato l’indignazione degli Italiani con l’occupazione di Ferrara, invece di esaminare quale e quanto vivo fosse in essi lo spirito di indipendenza, invece di soffermarsi a guardare tutti gli intrighi e le opposizioni aperte e nascoste che il Principe di Metternich sollevava contro l’opera riformatrice del Papa e degli altri principi italiani, egli scrive, sempre nella stessa lettera: «Noi medesimi abbiamo riconosciuto che il governo austriaco è un governo di buon senso e capace di condursi con moderazione e di accettare la necessità. Noi crediamo che egli possa rispettare l’indipendenza dei sovrani italiani, anche se essi dan mano in casa loro a riforme che ad esso non piacciano e capace di respingere qualsiasi idea d’intervenzione in quegli Stati». E aggiunge che in questo senso il governo francese lavorava a Vienna, che sperava di riuscire, ma, nel caso che non si riuscisse, in caso di intervento da parte dell’Austria, «non lasciate al Papa» - conchiudeva il Guizot - «alcun dubbio che, in questo caso, noi lo sosterremo efficacemente, lui, il suo governo, la sua sovranità, la sua indipendenza e la sua dignità»1.

Ed ecco rimediato a tutto. E si noti che tutte queste belle cose il Guizot, con grande e imperdonabile leggerezza, affermava

  1. Lettera del ministro Guizot a Pellegrino Rossi, in data 27 settembre 1847, nell’opera del D’Haussunville, toin. II, pag. 246 e 247.