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capitolo terzo 133

titudini si accorge tosto dell’errore. Cosi avvenne nella storia del triennio 1846-1849: Pio IX si manifestò presto, e, prasto, i popoli illusi conobbero il dabbenuomo sotto le vesti sfolgoranti dell’Eroe che essi avevano applicato, per equivoco, alle sue umili spalle: il manto di Gregorio VII soffocava il direttore dell’ospizio di Tata Giovanni. Egli non era che un piccolo strumento a grandissimi effetti: egli non era l’Eroe: gli Eroi vennero dopo e si chiamarono Vittorio Emanuele, Cavour e Garibaldi, Guglielmo I, Bismarck e Moltke.

L’altro equivoco terribile, sorto da quella situazione nuova, creata dall’apparire di Pio IX in veste di redentore, fu quello derivante dalla duplicità degli uffici simultaneamente raccolti in lui, il quale doveva, contemporaneamente, essere Principe — e per ciò italiano e liberale — e Pontefice - e per ciò cattolico e dogmatico. Fino a che i desideri! e le aspirazioni,! diritti e gli interessi, che egli simultaneamente rappresentava e che, perciò, egli doveva imprescindibilmente propugnare e difendere, non fossero stati in opposizione fra loro. Don Abbondio, tuttochè così piccino d’animo e di intelletto, sorretto, aiutato, consigliato, avrebbe potuto, alla meglio o alla peggio, sostenere il duplice gravissimo ufficio: ma non appena un dissidio fosse surto fra quei diritti e quegli interessi, non appena i due uffici, riuniti nella stessa persona, si fossero trovati in urto e in collisione fra loro, l’impotenza dell’uomo sottoposto a quel duplice carico doveva apparire manifesta: Don Abbondio doveva soccombere ad un peso, per cui sarebbero state deboli non che le spalle di Federico Borromeo, ma quelle poderosissime altresi di Ildebrando da Soana.

Tutte queste cose che io son venuto dicendo potranno sembrare a qualche lettore una poco opportuna digressione: ma, secondo il pensier mio, non lo sono: giacchè tutta la storia del triennio delle rivoluzioni italiane 1846-1849 si fonda, in gran parte, su quei due grandi equivoci, dei quali una delle vittime più illustri, la più illustre forse, fu Pellegrino Rossi. L’aver, quindi, premesse, in riassunto, tutte queste considerazioni non sarà inutile alla più chiara intelligenza degli elementi che costituiscono la tragica situazione in coi rimase spento Pellegrino Rossi.

Il quale - è bene fissarlo fino da ora - tuttochè ambascia-