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capitolo terzo 127

tanza assolutamente nuova e incalcolabile che quell’editto del perdono del 16 luglio 1846 includeva in sè, per le speciali condizioni dell’ambiente, per la eccezionalità del momento storico in cui avveniva.

Perchè piangeva e tripudiava e acclamava in delirio all’adorato, all’angelico, al divino Pio IX, tutta quella folla? Perchè piangeva egli pure, a quello spettacolo, il Conte Pellegrino Rossi, perchè, in poco meno di due mesi, se ne commoveva tutta l’Europa civile?

Non tanto per la bellezza e bontà intrinseca di quell’editto, non tanto pel bene che immediatamente esso produceva, non tanto per la gratitudine dei pochi beneficati, quanto per tutto ciò che, agli occhi dei popoli oppressi, quell’editto racchiudeva in sè di speranze, di promesse, di affidamenti intorno a un imminente e securo avvenire di rinnovamento morale, politico e civile di tutto il vecchio, manomesso continente europeo.

Dal colle Quirinale spuntavano i primi chiarori di un’aurora di redenzione: una luce si diffondeva da quel colle che annunziava il sole vivificatore; l’editto di amnistia di Pio IX altro non era - e i popoli lo sentivano, lo intuivano, lo indovinavano- che il preludio dell’inno di riscatto aspettato e implorato e che veniva di là, da quel colle temuto, donde le genti europee erano assuefatte, da ti e secoli, a non udire che voci di scomunica e di maledizione contro la scienza, la libertà, la civiltà!

Per gl’italiani Pio IX appariva il Messia atteso, l’inviato da Dio, il profetato dal Gioberti! Tutte le speranze, tutte le aspirazioni, tutti i conculcati diritti, gli obliati interessi morali e materiali delle sparse genti italiane, la indipendenza della penisola dallo straniero, voluta quasi da tutti, l’ordinata e più o meno ampia libertà desiderata da moltissimi, la federazione di Principi e di popoli in una quasi fraterna unione da moltissimi pure implorata, l’unità politica della nazione vagheggiata da molti, lo svolgimento vigoroso della vita agricola e commerciale, la prosperità economica, la grandezza morale dei popoli della penisola, felicità che erano nel fondo dei pensieri di tutti, tutte queste cose ciascuno vedeva consacrate, affermate, promesse nell’atto del perdono: non ciò che quell’editto dava ma tutti quei tesori, quei beneficii che ciascuno leggeva scritti in ogni