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culatori, i quali per ragione di studio, di vanità, o di lucro, ne fanno incetta con arti e con mezzi che noi non abbiamo. Non ci resta che di offrire il frutto delle nostre fatiche in dono al Municipio, o all’Accademia, o ad un qualche cospicuo Privato, il quale si rechi ad onore di possedere un prezioso Archivio, colla sola condizione di usare dei proprj mezzi per competarlo, e di valersi dell'opera nostra per porlo ad usufrutto. Sarà pure una gloria per un Istituto, o per un Privato, il dire: ecco il Deposito delle Memorie patrie; qui venga chi è vago d’illustrarle. A completare però questo Deposito sono da farsi ancora molti acquisti e molte trascrizioni. Rimangono campi intieri da mietere, altri da spigolare. Noi non abbiamo potuto finora pur esplorarli tutti, non che trarne la messe; e ciò per angustia di tempo, e per angustia dei mezzi.

Completato che sia mediante le nostre cure e gli altrui mezzi, si potrà dire: gli Scrittori delle cose friulane, i quali erano perduti ignorati dispersi, sono tutti qui raccolti in un corpo. Essi non sono una Storia, ma abbracciano tutto ciò che può aversi di vero in una Storia. La Storia, ripetiamolo, non è un prodotto puro dell’ingegno umano, nè nasce come Minerva bella e armata fuor del cervello di Giove: essa è tutta informe racchiusa nei Documenti, ed aspetta soltanto dall’ingegno la forma vitale. Gli avvenimeti hanno lasciato nella laguna dei tempi alcune orme che presentano immagini, altre compiute, altre abbozzate, altre svisate ed infrante. Queste immagini convien andarle investigando nelle Cronache, nei Commentarj, nei Fasti, nelle Leggende, nelle Pergamene, tra la polvere e le tignuole, o nei Ruderi tra le macerie delle Città spente e degli Edifizj crollati. Noi abbiamo ammannito, o siamo