Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
dente che dovevo correre subito a Torino, rischiare ogni cosa, avvertirla. Sperai vagamente che fosse rimasta.
Nel cortile si agitavano. Vidi gonne, abiti borghesi, non distinsi le facce. Salivano sulle automobili. Di casa uscirono soldati, salirono anche loro. Riconobbi la vecchia. «Bruceranno la casa?» pensavo. Poi, remoto, mi giunse lo scoppio dei motori che si allontanavano.
Passò del tempo. Non mi mossi. Di nuovo, tutto era terso e tranquillo. «Se hanno preso la vecchia, — pensavo, — hanno preso tutti». Mi accorsi di Belbo, che, accucciato ai miei piedi, ansimava. Gli dissi: — Laggiú, — e lo sospinsi col piede. Lui saltò sulle zampe abbaiando. Per la paura mi ritrassi dietro un tronco. Ma Belbo era già partito come una lepre.
Lo vidi arrivare trotterellando per la strada. Lo vidi entrare nel cortile. Mi ricordai quella notte d’estate che alle Fontane si cantava e tutto doveva ancora succedere. Col cuore sospeso tesi l’orecchio e spiavo se qualcuno era rimasto laggiú. Belbo, piantato nel cortile, riprese ad abbaiare, contro la porta, provocante. Si udí il canto di un gallo, strepitoso e lontano; si udí dalla strada del Pino il cigolio di carri in condotta.
Il cortile era sempre deserto. Poi vidi Belbo che saltava e aveva smesso di latrare; saltava intorno a qualcuno, a un ragazzetto, Dino, sbucato da sotto la siepe. Li vidi scendere in strada e incamminarsi insieme sul sentiero che avevo percorso tante volte rientrando. Senza dubbio era Dino. Riconobbi la rossa sciarpa che portava sul soprabito, il passo trottante. Mi misi a correre fra sterpi e foglie marce, mi scansavo e battevo nei rami bagnati, correvo come un pazzo; la paura, l’orgasmo, la smania, diventarono corsa affannosa. Da una radura vidi ancora le Fontane, il cortile tranquillo. Non c’era nessuno.
Incontrai Dino a mezzacosta. S’arrampicava con le mani in tasca. Si fermò, rosso in faccia e ansimando. Non mi pareva spaventato. — I tedeschi, — mi disse. — Sono venuti stamattina in automobile. Hanno dato dei pugni a Nando. Volevano ucciderlo...
— La mamma dov’è?
Anche Cate era presa. Anche il vecchio Gregorio. Tutti. Lui e la mamma uscivano per andare a Torino e li avevano visti arrivare. Non avevano fatto in tempo a voltarsi che già i tedeschi eran saltati correndo nel cortile. Puntavano dei fucili corti, gridando.
93 |