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— Te lo diceva anche la nonna. Voialtri non potete capire.
— Voialtri non posso esser io, — tagliai. — Io sono solo. Cerco d’essere il piú solo possibile. Sono tempi che soltanto chi è solo non perde la testa. Guarda la Nanda come stringe.
Cate si rabbuiò fermandosi. — No, tu non sei come la Nanda, — disse. — Non ti scomodi, tu. Ci vediamo stasera.
— Torna presto, — gridai.
Di nuovo la strada, il frutteto, le donne. La collina fresca e tranquilla, i discorsi consueti. — Forse i tedeschi non verranno fin quassú, — dissi all’Elvira. Chiesi dell’Egle, se era sempre ficcanaso.
— Perché?
— Lo sappiamo bene, — dissi.
Con uno sforzo ascoltai radio-Monaco. I fascisti rialzavano la testa davvero. Voci rabbiose, minacciose. Incitavano il popolo. — Sono ancora in Germania, è buon segno — . Che radio-Roma non parlasse, mi fece quasi piacere. Vuol dire che i nostri resistono, che i tedeschi non l’hanno ancora presa. La vecchia non diceva parola. Ci guardava spaventata e scontrosa.
Alle Fontane trovai Cate che mi disse di Fonso e di Nando. — Sono tornati, sono sani, — disse. — Ma non hanno potuto far nulla. Tono e gli altri sono chiusi alle Nuove.
Ma c’era anche un’altra notizia — che i nostri soldati scappavano, e nessuno si sognava di resistere.
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