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— Non sperarci, — le dissi, — neanche volendo non potrebbero.
— Tocca ai nostri soldati, — disse la vecchia, — tocca a loro adesso.
Il vecchio Gregorio taceva, senza perdermi di vista. Era anche lui come un bambino stupefatto. Mi lampeggiò la buffa idea che anche il vecchio maresciallo che quella sera ci buttava allo sbaraglio, anche i suoi generali, ne sapessero quanto Gregorio e stasera pendessero smarriti dalla radio come me e come lui.
— Ma a Roma, — dissi, — a Roma che cosa succede?
Nessuna radio ce lo disse. Cate aveva sentito in città che a quest’ora gli inglesi l’avevano occupata, che bastava un migliaio di paracadutisti per congiungersi coi nostri e far fronte ai tedeschi. — Saranno scemi, quei ministri, ma alla pelle ci tengono. L’hanno previsto, sta’ sicuro, — disse Cate.
— E Nando e Fonso, — chiesi a un tratto, — non arrivano? È questo che han sempre voluto. Saranno contenti.
— Non li ho veduti, — disse Cate. — Sono corsa a parlarvi.
Nando e Fonso non vennero quella sera. Venne Giulia ansimante. Disse che in fabbrica c’era stato comizio per raccogliere armi, che Fonso aveva fatto un discorso, che si parlava di occupare le caserme. In periferia s’eran sentite fucilate. Si sapeva che bande di borsari neri avevano saccheggiato un magazzino militare, che i tedeschi vendevano le divise ai fascisti e scappavano travestiti.
— Torno a Torino, — disse Giulia. — Arrivederci.
— Di’ a quelle altre che vengano su, — gridò la vecchia. — Dillo a Fonso, a quei matti. Vanno a succedere dei brutti giorni.
— Non è niente, — disse Cate esaltata. — Questa volta finisce davvero. Basta resistere pochi giorni.
— Non ci saranno piú incursioni, — dissi brusco.
Quando fui per andarmene a cena, Dino ci fece rider tutti. — È finita la guerra? — domandò con un filo di voce.
L’indomani ero in piedi all’alba. Di Roma, nessuna notizia. La nostra radio trasmetteva canzonette. Dall’estero, i soliti bollettini di guerra. Lo sbarco a Salerno, lo specchio d’acqua brulicante di trasporti: l’operazione era tuttora in corso. L’Elvira ascoltò accanto a me, tesa e pallida. Facevamo gruppo, davanti alla radio. Dissi a un tratto: — Non so quando torno, — e me ne andai.
Per riempire la vuota mattina presi la strada di Torino. In-
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