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Perché dicessi queste cose, l’ho scordato da un pezzo. So soltanto che Cate non s’era sbagliata dicendomi ch’ero cattivo, superbo e che avevo paura. Aveva anche detto ch’ero buono contro voglia. Questo non so. Ma con ciascuno dicevo cose opposte, cercavo sempre di sembrare un altro. E sentivo che il tempo stringeva; che tutto era inutile, vano, già scontato. Quel mattino del battibecco con l’Elvira, ci fu un allarme repentino, a mezzogiorno. La collina, la valle, Torino in distanza, tutto zittí sotto il cielo. Ero fermo in frutteto. Mi chiesi quanti cuori in quell’attimo cessavano di battere, quante foglie sussultavano, quanti cani s’appiattivano al suolo. Anche la terra, la collina e la sua scorza, dovette rabbrividire. Capii d’un tratto quanto fosse sciocco e futile quel mio compiacermi dei boschi, quell’orgoglio dei boschi che nemmeno con Dino smettevo. Sotto il cielo d’estate impietrito dall’ululo, capii che avevo sempre giocato come un ragazzo irresponsabile. Che cos’ero per Cate altro che un bimbo come Dino? Che cos’ero per Fonso, per gli altri, per me?
Attesi un pezzo con tremore e ansia il ronzio dei motori. L’angoscia dei giorni, insopportabile in quell’ora, solamente un fatto grosso, irreparabile, poteva cacciarla. Ma non era questo il mio solito gioco, il mio vizio? Pensai a Cate, Fonso, Nando, ai disgraziati di Torino, che attendevano ammucchiati nei rifugi come in tante catacombe. Qualcuno scherzava, qualcuno rideva. — La pasta viene lunga, — dicevano.
Sangue e ferocia, sottosuolo, la boscaglia: queste cose non erano un gioco? Non erano come i selvaggi e i giornaletti di Dino? Se Cate morisse, pensavo, chi pensa a suo figlio? chi saprà piú se è figlio suo o figlio mio?
Lo strepito di una pompa mi fece sobbalzare. Venne fuori l’Elvira e disse: — È in tavola.
Silenziosi — con l’allarme la radio taceva — ci sedemmo, l’Elvira di fronte, la vecchia a lato, come sempre. La vecchia si fece il segno della croce. Nessuno parlò. Snodare il tovagliolo, toccar le posate, mangiare, mi parve un gioco, un gioco futile. Verso l’una cessò l’allarme. Sobbalzammo, quasi sorpresi. L’Elvira mi mise nel piatto un’altra fetta di torta.
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