Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— Anche noi, mamma, — disse Cate, — veniamo a dormire in collina.
La vecchia adesso borbottava. Io mi chiesi smarrito se sapeva quanto giusto e quanto a fondo mi avesse toccato. Non contavano le difese degli altri. C’era un senso in cui anch’esse mi avvilivano.
Disse Tono il socialista: — Tutti si cerca di salvarsi. Noi combattiamo perché tutti, anche i padroni, anche i nostri nemici, capiscano dov’è la salvezza. Per questo il socialismo non vuole piú guerre.
E Fonso subito: — Momento. Ma non dici perché tocca sempre alla classe operaia difendersi. I padroni mantengono il dominio con le guerre e il terrore. Schiacciandoci, tirano avanti. E tu t’illudi che capiscano. Han capito benissimo. Per questo continuano.
Allora rientrai nel discorso. — Non parlo di questo. Non parlo di classi. Fonso ha ragione, si capisce. Ma noialtri italiani siamo fatti cosí: ubbidiamo soltanto alla forza. Poi, con la scusa ch’era forza, ci ridiamo. Nessuno la prende sul serio.
— I borghesi no certo.
— Dico di tutti gli italiani.
— Professore, — esclamò Nando a testa bassa, — voi amate l’Italia?
Di nuovo ebbi intorno le facce di tutti: Tono, la vecchia, le ragazze, Cate. Fonso sorrise.
— No, — dissi adagio, — non l’Italia. Gli italiani.
— Qua la mano, — disse Nando. — Ci siamo capiti.
58 |