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quenti là intorno. Cosí bionda, cosí fina, era il suo posto salire in automobile e girare la provincia, andare a cena nelle ville, nelle case dei signori, alle terme d’Acqui — non fosse stata quella compagnia. Nuto cercava di non vederla per le strade, ma passando sotto le sue finestre alzava gli occhi alle tendine.
Poi con l’estate del ’43 la bella vita era finita anche per Santa. Nuto, ch’era sempre a Canelli a sentire notizie e a portarne, non aveva piú alzato gli occhi alle tendine. Dicevano che Santa era scappata col suo capomanipolo a Alessandria.
Poi era venuto settembre, tornati i tedeschi, tornata la guerra — i soldati arrivavano a casa per nascondersi, travestiti, affamati, scalzi, i fascisti sparavano fucilate tutta la notte, tutti dicevano: «Si sapeva che finiva cosí». Era cominciata la repubblica. Un bel giorno Nuto sentí dire che Santa era tornata a Canelli, che aveva ripreso l’impiego alla Casa del fascio, si ubriacava e andava a letto con le brigate nere.
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