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fredda, lo accompagnava nel giardino e al cancello, e quasi non si parlavano. Arturo era sempre lo stesso, aveva mangiato altri soldi a suo padre, strizzava l’occhio anche all’Emilia, ma si sapeva che fuori delle carte e del tirasegno non valeva un quattrino.
Fu l’Emilia che ci disse che Silvia era incinta. Lo seppe lei prima del padre e di tutti. La sera che il sor Matteo ebbe la nuova — glielo dissero Irene e la signora Elvira —, invece di gridare si mise a ridere con un’aria maligna e si portò la mano sulla bocca. — Adesso, ghignò tra le dita, — trovategli un padre —. Ma quando fece per alzarsi e entrare nella stanza di Silvia, gli girò la testa e andò giú. Da quel giorno restò mezzo secco, con la bocca storta.
Quando il sor Matteo uscí dal letto e potè fare qualche passo, Silvia aveva già provveduto. Era andata da una levatrice di Costigliole e s’era fatta ripulire. Non disse niente a nessuno. Si seppe poi due giorni dopo dov’era stata perché le rimase in tasca il biglietto del treno. Tornò con gli occhi cerchiati e con la faccia di una morta — si mise a letto e lo riempí di sangue. Morí senza dire una parola né al prete né agli altri, chiamava soltanto «papà» a voce bassa.
Per il funerale tagliammo tutti i fiori del giardino e delle cascine intorno. Era giugno e ce n’erano molti. La seppellirono senza che suo padre lo sapesse, ma lui sentí la litania del prete nella stanza vicino e si spaventò e cercava di dire che non era ancora morto. Quando poi uscí sul terrazzo sorretto dalla signora Elvira e dal padre di Arturo, aveva un berrettino sugli occhi e stette al sole, senza parlare. Arturo e suo padre si davano il cambio, gli erano sempre intorno.
Chi adesso non vedeva piú di buon occhio Arturo era la madre di Santina. Con la malattia del vecchio non le conveniva piú che Irene si sposasse e portasse via la dote. Era meglio se restava zitella in casa a far la madrina a Santina, e cosí un giorno la piccola sarebbe rimasta la padrona di tutto. Il sor Matteo non diceva piú niente, era assai se si ficcava il cucchiaio in bocca. I conti col massaro e con noialtri li faceva la signora e ficcava il naso dappertutto.
Ma Arturo fu in gamba e s’impose. Adesso, che Irene trovasse marito era un favore che lui le faceva, perché dopo la storia di Silvia tutti dicevano che le ragazze della Mora erano state puttane. Lui non lo disse, ma arrivava serio serio, teneva compagnia al vecchio, faceva le commissioni a Canelli col nostro cavallo, e alla domenica
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