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parlava, lassú al fico. Già dal sentiero, nella luce della luna, vidi il vuoto dov’era stato il fienile e la stalla, e i muri bucati del casotto. Riflessi rossi morivano a piede del muro, sprigionando una fumata nera. Cera un puzzo di lana, carne e letame bruciato che prendeva alla gola. Mi scappò un coniglio tra i piedi.

Nuto, fermo al livello dell’aia, storse la faccia e si portò i pugni sulle tempie. — Quest’odore, — borbottò, — quest’odore.

L’incendio era ormai finito, tutti i vicini erano corsi a dar mano; c’era stato un momento, dicevano, che la fiamma rischiarava anche la riva e se ne vedevano i riflessi nell’acqua di Belbo. Niente s’era salvato, nemmeno il letame là dietro.

Qualcuno corse a chiamare il maresciallo; mandarono una donna a prendere da bere al Morone; facemmo bere un po’ di vino a Cinto. Lui chiedeva dov’era il cane, se era bruciato anche lui. Tutti dicevano la loro; sedemmo Cinto nel prato e raccontò a bocconi la storia.

Lui non sapeva, era sceso a Belbo. Poi aveva sentito che il cane abbaiava, che suo padre attaccava il manzo. Era venuta la madama della Villa con suo figlio, a dividere i fagioli e le patate. La madama aveva detto che due solchi di patate eran già stati cavati, che bisognava risarcirla, e la Rosina aveva gridato, il Valino bestemmiava, la madama era entrata in casa per far parlare anche la nonna, mentre il figlio sorvegliava i cesti. Poi avevano pesato le patate e i fagioli, s’erano messi d’accordo guardandosi di brutto. Avevano caricato sul carretto e il Valino era andato in paese.

Ma poi la sera quand’era tornato era nero. S’era messo a gridare con Rosina, con la nonna, perché non avevano raccolto prima i fagioli verdi. Diceva che adesso la madama mangiava i fagioli che sarebbero toccati a loro. La vecchia piangeva sul saccone.

Lui Cinto stava sulla porta, pronto a scappare. Allora il Valino s’era tolta la cinghia e aveva cominciato a frustare Rosina. Sembrava che battesse il grano. Rosina s’era buttata contro la tavola e urlava, si teneva le mani sul collo. Poi aveva fatto un grido piú forte, era caduta la bottiglia, e Rosina tirandosi i capelli s’era buttata sulla nonna e l’abbracciava. Allora il Valino le aveva dato dei calci — si sentivano i colpi — , dei calci nelle costole, la pestava con le scarpe, Rosina era caduta per terra, e il Valino le aveva ancora dato dei calci nella faccia e nello stomaco.

Rosina era morta, disse Cinto, era morta e perdeva sangue


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