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diceva che sono soltanto i cani che abbaiano e saltano addosso ai cani forestieri e che il padrone aizza un cane per interesse, per restare padrone, ma se i cani non fossero bestie si metterebbero d’accordo e abbaierebbero addosso al padrone. Dove pigliasse queste idee non so, credo da suo padre e dai vagabondi; lui diceva ch’era come la guerra che s’era fatta nel ’18 — tanti cani scatenati dal padrone perché si ammazzassero e i padroni restare a comandare. Diceva che basta leggere il giornale — i giornali di allora — per capire che il mondo è pieno di padroni che aizzano i cani. Mi ricordo sovente di questa parola di Nuto in questi tempi, certi giorni che non hai neanche piú voglia di sapere quel che succede e soltanto andando per le strade vedi i fogli in mano alla gente neri di titoli come un temporale.
Adesso che avevo i primi soldi, mi venne voglia di sapere come vivevano Angiolina, la Giulia e Padrino. Ma non trovavo mai l’occasione di andarli a cercare. Chiedevo a quelli di Cossano che passavano sullo stradone, i giorni della vendemmia, portando il carro dell’uva a Canelli. Uno venne a dirmi una volta che mi aspettavano, la Giulia mi aspettava, si ricordavano di me. Io chiesi com’erano adesso le ragazze. — Che ragazze, — mi disse quel tale. — Sono due donne. Vanno a giornata come te — . Allora pensai proprio di andare a Cossano ma non trovavo mai il tempo, e d’inverno la strada era troppo brutta.
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