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rossi, sbucò la signora, nera, col medaglione al collo e un lenzuolo sul braccio, mi guardò i piedi.
Dal terrazzo l’Emilia gridava: — Anguilla, vieni Anguilla.
— Milia mi chiama, — balbettai.
— Va’ va’, — disse lei, — passa presto.
Sul terrazzo stendevano i lenzuoli lavati, e c’era il sole, e in fondo verso Canelli la palazzina del Nido. C’era anche Irene, la bionda, appoggiata alla ringhiera con un asciugamano sulle spalle, che si faceva asciugare i capelli. E l’Emilia che teneva lei la scala, mi gridò: — Vieni su, muoviti.
L’Irene disse qualcosa, ridevano. Per tutto il tempo che tenni la scala guardai il muro e il cemento, e per sfogarmi pensavo ai discorsi che facevamo tra noi ragazzi quando andavamo a nasconderci tra le canne.
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