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si diceva solamente: «L’uva quest’anno è bella». Passammo tra la riva e la vigna di Nuto. Lasciammo la stradetta e prendemmo il sentiero — ripido che bisognava mettere i piedi di costa. Alla svolta di un filare incrociamo il Berta, il vecchio Berta che non usciva piú dai beni. Mi soffermai per dir qualcosa, per farmi conoscere — mai piú avrei creduto di ritrovarlo ancora vivo e cosí sdentato — , ma Nuto tirò dritto; disse soltanto: — Salutiamo — . Il Berta non mi conobbe di certo.

Fin qui ero salito un tempo, dove finiva il cortile della casa dello Spirita. Ci venivamo in novembre a rubargli le nespole. Cominciai a guardarmi sotto i piedi — le vigne asciutte e gli strapiombi, il tetto rosso del Salto, il Belbo e i boschi. Anche Nuto adesso rallentava, e andavamo testardi, sostenuti.

— Il brutto, — disse Nuto, — è che siamo degli ignoranti. Il paese è tutto in mano a quel prete.

— Vuoi dire? Perché non gli rispondi?

— Vuoi rispondere in chiesa? Quest’è un paese che un discorso lo puoi soltanto fare in chiesa. Se no, non ti credono... La stampa oscena e anticristiana, lui dice. Se non leggono neanche l’almanacco.

— Bisogna uscire dal paese, — gli dissi. — Sentire le altre campane, prender aria. A Canelli è diverso. Hai sentito che l’ha detto anche lui che Canelli è l’inferno.

— Bastasse.

— Si comincia. Canelli è la strada del mondo. Dopo Canelli viene Nizza. Dopo Nizza Alessandria. Da soli non farete mai niente.

Nuto cacciò un sospiro e si fermò. Mi soffermai anch’io e guardai giú nella vallata.

— Se vuoi combinare qualcosa, — dissi, — devi tenere i contatti col mondo. Non avete dei partiti che lavorano per voi, dei deputati, della gente apposta? Parlate, trovatevi. In America fanno cosí. La forza dei partiti è fatta di tanti piccoli paesi come questo. I preti non lavorano mica isolati, hanno dietro tutta una lega di altri preti... Perché quel deputato che ha parlato alle Ca’ Nere non ci torna?...

Ci sedemmo all’ombra di quattro canne, sull’erba dura, e Nuto mi spiegò perché il deputato non tornava. Dal giorno della liberazione — quel sospirato 25 aprile — tutto era andato sempre peggio. In quei giorni sí che s’era fatto qualcosa. Se anche i mezzadri e i


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