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— Chi sa perché mai, — dissi, — si fanno questi fuochi.

Cinto stava a sentire. — Ai miei tempi, — dissi, — i vecchi dicevano che fa piovere... Tuo padre l’ha fatto il falò? Ci sarebbe bisogno di pioggia quest’anno... Dappertutto accendono il falò.

— Si vede che fa bene alle campagne, — disse Cinto. — Le ingrassa.

Mi sembrò di essere un altro. Parlavo con lui come Nuto aveva fatto con me.

— Ma allora com’è che lo si accende sempre fuori dai coltivi? — dissi. — L’indomani trovi il letto del falò sulle strade, per le rive, nei gerbidi...

— Non si può mica bruciare la vigna, — disse lui ridendo.

— Sí, ma invece il letame lo metti nel buono...

Questi discorsi non finivano mai, perché quella voce rabbiosa lo chiamava, o passava un ragazzo dei Piola o del Morone, e Cinto si tirava su, diceva, come avrebbe detto suo padre: — Allora andiamo un po’ a vedere, — e partiva. Non mi lasciava mai capire se con me si fermava per creanza o perché ci stesse volentieri. Certo, quando gli raccontavo cos’è il porto di Genova e come si fanno i carichi e la voce delle sirene delle navi e i tatuaggi dei marinai e quanti giorni si sta in mare, lui mi ascoltava con gli occhi sottili. Questo ragazzo, pesavo, con la sua gamba sarà sempre un morto di fame in campagna. Non potrà mai dare di zappa o portare i cavagni. Non andrà neanche soldato e cosí non vedrà la città. Se almeno gli mettessi la voglia.

— Questa sirena dei bastimenti, — lui mi disse, quel giorno che ne parlavo, — è come la sirena che suonavano a Canelli quando c’era la guerra?

— Si sentiva?

— Altroché. Dicono ch’era piú forte del fischio del treno. La sentivano tutti. Di notte uscivano per vedere se bombardavano Canelli. L’ho sentita anch’io e ho visto gli aeroplani...

— Ma se ti portavano ancora in braccio...

— Giuro che mi ricordo.

Nuto, quando gli dissi quel che raccontavo al ragazzo, sporse il labbro come per imboccare il clarino e scosse il capo con forza. — Fai male, — mi disse. — Fai male. Cosa gli metti delle voglie? Tanto se le cose non cambiano sarà sempre un disgraziato...

— Che almeno sappia quel che perde.


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